domenica 14 settembre 2014

La Grande guerra. Perché furono aboliti gli armistizi? (di Leone Montagnini©)

Ho sempre pensato che la Grande guerra è una guerra misteriosa. Se pensiamo alle guerre dell'Ottocento, alle guerre di indipendenza italiane, ad esempio, c'era un'istituzione non so quanto formalizzata, ma certamente effettiva: l'armistizio.
Mi chiedo da decenni: perché la Grande guerra fu senza armistizi? Nell'Ottocento e nei secoli precedenti, dopo che i generali avevano fatto scazzottare ben bene i loro uomini, non senza spargere il sangue di migliaia di essi, se nessuno aveva vinto la battaglia, si chiedeva almeno un armistizio. Spesso seguiva una pace. Forse breve, provvisoria, ma una pace.
Soldati tedeschi del 134º Reggimento sassone e soldati britannici del Royal Warwickshire Regiment il giorno di Natale del 1914, nella terra di nessuno [fonte: "Tregua di Natale" in Wikipedia italiano aggiornato al 14/09/2014].
Durante la Grande guerra, le tregue, fortemente volute dai soldati, come dimostrano gli episodi di fraternizzazione, ma forse anche da molti generali di lungo corso abituati alle vecchie guerre, furono abolite e gli episodi di fraternizzazione severamente puniti.
Cosa si voleva? Non capisco, non ho mai capito. A me, che ho studiato una vita, questo cambiamento di prassi nel condurre le guerre risulta assurdo, privo di senso. Gli storici ci hanno riflettuto poco, troppo poco: perchè quando si è visto che non si andava né avanti, né indietro, sulla Marna per esempio, la guerra è diventata "guerra di posizione", invece di fermarsi e mandare tutti a casa, come si era fatto dall'Iliade in poi?
Riflettendo intorno al mio post su Jean Jaurès, mi viene da suggerire un'ipotesi circa questo assurdo modo di procedere: si voleva distruggere il proletariato emerso dalla rivoluzione industriale! Lo stesso che quella guerra non aveva voluto e che avrebbe potuto fermare se non fosse stato abilmente manipolato.
Le teorizzazioni sociologiche del tempo, socialiste ma non solo, vedevano le grandi fabbriche emerse dalla rivoluzione industriale come delle scuole per un esercito internazionale di operai disciplinati, che stava formando una classe nuova, la classe operaia o proletariato industriale.
Karl Marx aveva vaticinato che esso avrebbe distrutto il capitalismo che lo aveva partorito. Dunque era pericoloso. In ogni caso il movimento operaio, socialista ma anche cattolico, era senza dubbio una potenza mondiale sul piano politico; costituiva in Francia, in Germania, in Gran Bretagna, in Italia ecc., partiti di molte decine di milioni di voti e con forti legami transnazionali.
Ipotizzo che chi volle la Grande guerra, studiandola con cura a tavolino, lavorò accortamente, da un lato per neutralizzare l'essenza transnazionale del movimento operaio, dall'altro per indurre le disciplinate schiere operaie a formare altrettanto disciplinati eserciti, portati a massacrarsi reciprocamente.
Questa "inutile strage", come disse Papa Benedetto XV. Questo prolungato olocausto del proletariato industriale, lavorò finché non fu ridotto che ad una montagna, ma che dico, ad un Everest di poveri corpi martoriati.
Noi italiani nell'Ottocento potevamo esser fieri di aver fatto l'Italia con l'impresa dei Mille. Mille uomini capite! Guidati da uno strano uomo coraggioso col poncho, amato ovunque in Europa (ho visto una sua statua persino accanto al Museo Nazionale di Budapest) e nelle Americhe (a Buenos Aires dicono che Garibaldi è argentino), e l'intelligenza strategica di statisti come Camillo Benso Conte di Cavour.
Nel 1914-'15, invece non stemmo a sentire i consigli di un altro dono della provvidenza come Giovanni Giolitti, che rischiò di essere assassinato come Jaurès per la sua opposizione alla guerra insieme ai socialisti italiani, i quali avevano espulso un socialista militarista come Benito Mussolini.
Perdemmo 600.000 giovani italiani. Non ottenemmo quasi nulla in termini di terre "irredente", e, tra queste, ottenemmo il Sud Tirolo/Alto Adige, in violazione del principio di autodeterminazione di Wilson, con il quale peraltro oggi siamo lieti di convivere in pace come amici e fratelli.
Dopo il 1918 non potemmo più vantarci di aver creato una patria senza quasi spargimenti di sangue, a differenza della Germania dell' Ottocento di Bismark, che era nata con due guerre; quella fratricida contro l'Austria-Ungheria e quella contro la Francia, che pose alcune delle premesse per la Grande guerra. Non necessariamente risolvibili con un'altra guerra.
Piangiamo, come ci ha chiesto papa Francesco, ieri 13 settembre 2014 a Redipuglia, per tutti quei giovani di tutti i paesi che sono morti.
Stiamo accorti di fronte a coloro che li armarono gli uni contro gli altri: ancora si aggirano intorno a noi.

A commento di ciò che ho scritto, consiglio di vedere due film:

Joyeux Noël. Una verità dimenticata dalla storia, film del 2005 scritto e diretto da Christian Carion. Se sapete le lingue sentitelo in originale, gli scozzesi parlano inglese, i tedeschi tedesco, i francesi francese. L'ufficiale tedesco che comunque accetta che si celebri la messa comune è un ebreo tedesco.

Orizzonti di gloria (tit. orig. Paths of Glory) film del 1957, diretto da Stanley Kubrick. Una donna saggia che ormai non è più tra noi mi raccontò che quando il film uscì in Italia fu vietato ai minori di 14 anni. Strano, no?!

Leone Montagnini©